Professionisti a partita IVA: mezza giornata per me, l’altra mezza allo stato

Probabilmente questo post deprimerà non poche persone, ma penso sia importante che certe cose vengano scritte con numeri tonanti.

Sono stato dipendente a tempo indeterminato per sei anni, percependo uno stipendio con qualifica infima per avere di fatto un ruolo dirigenziale. Il mio stipendio medio stava intorno ai 1000 Euro al mese e con affitto e tutte le altre spese sinceramente non andavo da nessuna parte. Metteteci poi che l’azienda per cui lavoravo era di quelle che non possono concederti aumenti di stipendio perché anche i dipendenti devono sostenere la crescita. Salvo poi vedere i grandi capi auto-darsi aumenti di stipendio sull’ordine dei 300 Euro mensili ogni anno.

Dopo sei lunghi anni (due dei quali vissuti in nero!) e con qualche professionalità che mi ero imposto di costruirmi prescindendo da quello che facevo ho deciso di andarmene e tentare la strada del libero professionista. Ho quindi aperto partita IVA.

A differenza di molte esperienze percepite durante la scelta del migliore regime fiscale a cui aderire, io ho avuto una grande mano proprio dall’agenzia delle entrate. Proprio all’ufficio di Modica ci sono dirigenti che riescono a chiarirti bene la situazione, soprattutto ti avvertono sul fatto che l’apertura della partita IVA è totalmente gratuita, mentre qualche commercialista canaglia a cui mi ero rivolto aveva provato a chiedermi 100 euro per il disbrigo pratica e rimborso spese.

Alla fine, dopo aver valutato attentamente e grazie all’indirizzo del dirigente, sono più che sicuro di aver fatto la scelta giusta. All’epoca era appena entrata in vigore la legge sui minimi. Dal punto di vista finanziario poco cambia. Costa quanto una partita IVA normale, ma si hanno molte meno beghe burocratiche.

Bene, partiva IVA aperta in pochi minuti. Il giorno dopo ho fatto l’iscrizione alla gestione separata dell’INPS, ed anche quello è stato facile. Basta una telefonata ad un numero gratuito. Si danno i propri dati, si risponde ad un brevissimo questionario ed il gioco è fatto. In meno di una settimana mi è arrivata la ricevuta di avvenuta iscrizione.

Fin qui sembra tutto facile e bello, ma ancora non ci si è scontrati con la cosa peggiore: le aliquote fiscali e previdenziali. Perché come vi dicevo, con il miglior regime fiscale a cui si può aderire, si hanno al massimo sgravi burocratici. Lo stato ladro e canaglia in cui viviamo non fa sconti a nessuno 🙂

Procediamo con un’ipotesi molto ottimistica. Ipotizziamo di aver aperto partita IVA il 28 Dicembre 2009. Ipotizziamo di cominciare a lavorarci davvero da gennaio 2010. Per semplicità poniamo il caso di emettere per tutto il 2010 un totale di 13 fatture (come se prendessimo una mensilità più una tredicesima di un dipendente) dell’importo lordo di 2000 Euro l’una.

Punto primo: il regime dei minimi è fuori campo IVA. Ovvero si ha partita IVA, ma non si applica l’imposta nelle fatture. Sembra una cosa buona, che rende più concorrenziale il libero professionista. Ma c’è un risvolto importante. Dato che si è fuori campo IVA e non si percepisce quindi dai clienti, l’IVA che andiamo a pagare sulle fatture d’acquisto è un costo. Ma non deprimiamoci, perché nonostante tutto il nostro è il regime IVA migliore che potessimo scegliere.

Tornando ai nostri conti, quanto fattureremo per il 2010? € 26.000, più il 4% di rivalsa INPS, che alla faccia della rivalsa è vero e proprio reddito su cui calcolare le imposte. Oltretutto qualsiasi cliente attento vi chiederà un prezzo comprensivo delle rivalse. Ma facciamo il caso che il problema non si ponga. Alla fine il nostro fatturato annuo sarà di € 27.040,00. Giusto giusto dentro i 30.000 di limite per i contribuenti minimi.

Noi liberi professionisti che si vende attività consulenziale, nel 99,99% dei casi si lavora per aziende a cui mancano le risorse interne ed a cui conviene comprare questo tipo di professionalità on demand. Se il nostro cliente è a sua volta un soggetto con partita IVA, noi non incasseremo il totale della fattura. A questa andrà detratta la ritenuta d’acconto (pari al 20%) che verserà come sostituto d’imposta il nostro cliente. Praticamente siam trattati come i dipendenti, che hanno le trattenute in busta paga, ma saremmo professionisti e magari queste cifre potremmo investirle per aumentare la nostra capacità di reddito. Secondo lo statazzo italiano non abbiamo questo diritto.

Facciamo due rapidi conti e a fronte di un fatturato annuo di € 27.040,00, incasseremo € 21.632,00. Tutto sommato sembra anche una bella cifra. Ma quando viene il momento della dichiarazione dei redditi ecco che arriva la bastonata: l’INPS.

E’ normale pagare l’INPS, non perché un giorno avremo una pensione (c’ho perso proprio le speranza), ma perché siamo necessari per pagare le pensioni dei parlamentari, che maturano dopo un terzo di legislatura (un paio d’anni) e di tutti gli altri dirigenti statali messi lì dai politici parrucconi che godono delle stesse tutele.

L’aliquota INPS per la gestione separata? Il 27,62% (e aumenta sempre!!!). L’imponibile di calcolo è poi il totale fatturato comprensivo del 20% di ritenuta d’acconto. Quindi lo stato lo pago due volte. Al 20% che si trattiene lo stato come IRPEF devo calcolare anche il 26,72% che andrà sempre allo stato, ma sottoforma di contributi previdenziali (di cui non godremo mai). Facciamoli due conticini. A fine anno di INPS si dovranno pagare € 7.225,09.

Voi pensate di poter contare su un netto di (€ 21.632,00 – 7.223,09) = € 14.406,91? Ma assolutamente no. Perché oltre il saldo dell’anno di competenza, ci viene chiesto anche l’anticipo per l’anno successivo.

L’anticipo INPS è parti all’80% dei contributi dell’anno di competenza. Pagabili in due rate: una contestuale al saldo e l’altra entro il 30 novembre. Ma che simpatico stato che ci fa pure rateizzare il pagamento di contributi calcolati sulla fiducia.

Ricapitolando, avendo fatturato 2000 Euro al mese, posto che siamo riusciti a farci riconoscere anche il 4% di rivalsa (ci stiamo ipotizzando non iscritti ad albi professionali, per questo il 4% e non il 2%), avremo un risultato economico d’esercizio pari a:

Fatturato: € 27.040,00
– Ritenuta d’acconto: € 5.408,00
– Contributi INPS: € 7.225,09
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Risultato economico: € 14.406,91
– Primo anticipo INPS: € 2.890,04
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A giugno disponiamo di: € 11.516,88
– Secondo anticipo INPS: € 2.890,04
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A Novembre disponiamo di € 8.626,84

Ovvero, dopo il primo anno di attività (quindi il momento più difficile della vita imprenditoriale di una ditta) avendo fatturato una cifra niente male per essere agli inizi, sappiamo di poter disporre pulite di meno di 10mila euro, pari al 31,90% di quello che abbiamo prodotto. Anche senza contare gli anticipi, siamo intorno al 53,28%. Ovvero metà a me che lavoro e l’altra metà allo stato che non fa una sega e non riesce a garantirmi in nessun modo un futuro pensionistico!

Ma forse non sto considerando un aspetto: i costi d’impresa. Quelli sono deducibili! Che costi fa un libero professionista che vende il suo lavoro intellettuale? Facciamone una lista:

  • Mangia sempre fuori: i pasti possono scaricarsi al 70% e se lo fa nei weekend e/o festivi deve pure giustificare la cosa.
  • Sta sempre in giro: le spere per carburanti e manutenzione auto possono scaricarsi al 40% (io però l’auto la uso al 90% per lavoro e quando non lavoro se posso vado a piedi).
  • Sta sempre al telefono: scaricabile all’80%. Mica male, solo che se faccio un contratto con partita IVA devo pure pagare la tassa di concessione governativa. Perché?! Che senso ha la tassa di concessione governativa se poi ipotizzi l’uso promisquo della spesa?
  • Noi si sta lontani da casa: l’affitto, posto che si deve avere un contratto registrano (in Italia?! Ahahahahah!!!) e devi dichiarare la stanza presa a peso d’oro come sede della ditta, è scaricabile al 50%.

Infine rivediamo i nostri calcoli ed ipotizziamo che fra pasti, benzina, materiali di consumo e beni strumentali, il nostro povero cristo riesca a scaricare 300 Euro al mese.

Fatturato: € 27.040,00
– Costi d’esercizio: € 3.600,00
– Ritenuta d’acconto: € 4.688,00
– Contributi INPS: € 6.263,17
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Risultato economico: € 12.488,83
– Primo anticipo INPS: € 2.505,27
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A giugno disponiamo di: € 11.516,88
– Secondo anticipo INPS:
€ 2.505,27
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A Novembre disponiamo di € 7.478,30

Le percentuali ovviamente non cambiano, ma cambia il fatto che mettendo nel conto i costi aziendali esce fuori che il libero professionista fin dalla prima fattura sta di fatto anticipando imposte allo stato. Se è vero che la ritenuta d’acconto di competenza in questo caso è di € 4.688,00, lui ne verserà comunque € 5.408,00. Quella somma gli viene trattenuta fattura per fattura, pagamento per pagamento, e non può farci niente ne lui, ne il suo cliente. Per legge va fatto. Solo in sede di dichiarazione dei redditi, a conti fatti potrà portare in detrazione la somma. Quindi rispetto alle fatture di Dicembre, solo sei mesi dopo, rispetto a quelle di Gennaio, giusto 18 mesi. Ulteriore liquidità che potrebe tornare utile ad un professionista che sa come investire le sue eccedenze.

In conclusione, cari politici, di destra, di sinistra (a voi di centro nemmeno vi nomino perché siete la causa del sistema) quando venite a dirci che ci vuole più iniziativa in Italia, mi fareste il sacro santo favore di andarvene a fare in culo?!

Edit: leggendo commenti sparsi per il web a questo post molti fanno un appunto formalmente giusto: mischio cassa e competenza. Vero. Lo faccio perché è il regime dei minimi a funzionare sencondo il solo principio di cassa. Tale specifica in effetti è una novità assoluta per i regimi fiscali italiani fin qui vigenti.